prova d’accusa

Quali sono le prove che dicono che siamo cristiani? Gli oggetti religiosi che abbiamo in casa o al collo? Oppure sono i gesti, le scelte, le azioni e le parole che usiamo ? Gli evangelisti per raccontare Gesù hanno scritto le pagine dei vangeli, noi siamo chiamati ad essere pagine viventi della sua vita. (DOMENICA 26 gennaio 2025 – III anno C) Domenica della Parola

 

Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi, come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari fin da principio e divennero ministri della Parola, così anch’io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato per te, illustre Teòfilo, in modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto.
In quel tempo, Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode.
Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto:
«Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l’unzione
e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
a rimettere in libertà gli oppressi
e proclamare l’anno di grazia del Signore».
Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».

(dal Vangelo di Luca 1,1-4. 4,14-21)

 

“Se ti accusassero di essere cristiano, troverebbero delle prove contro di te?”.

Questa provocatoria affermazione è di Dietrich Bonhoeffer, pastore e teologo cristiano protestante, ucciso dai nazisti nel campo di concentramento di Flossenburg nel ’45. Le “prove” che possono sostenere l’accusa che siamo cristiani quali potrebbero essere? Immagini, oggetti e libri che si riferiscono al mondo cristiano? Le nostre case ne sono pieni, ma bastano davvero queste prove per sostenere che siamo cristiani? Potremmo sempre difenderci dall’accusa dicendo che fanno parte di una specie di collezione di oggetti antichi, di una passione per le tradizioni passate, ma che non hanno nulla a che fare con quello che sentiamo e viviamo quotidianamente. Anch’io ho qualche piccolo souvenir dell’antico Egitto e dalla Grecia, ma non provano che sono pagano. Forse una prova molto compromettente sarebbe trovare un vangelo aperto con i segni di essere stato letto e riletto per lungo tempo, con le pagine consumate. Pensiamo di correre questo rischio? Meno male che oggi il testo del vangelo che ci riporta le parole e i gesti del nostro Maestro lo possiamo avere sul telefono in una delle innumerevoli app cristiane, con le letture della messa domenicale. Corriamo questo rischio se controllano il nostro telefono?

Il Vangelo di questa domenica è diviso in due parti distinte, ma entrambe richiamano la centralità della Parola di Dio letta, meditata e soprattutto vissuta con coraggio. L’evangelista Luca inizia il suo racconto della vita di Gesù, dicendo che quel che scrive non è frutto di una sua invenzione, ma è frutto di testimonianze dirette di chi ha conosciuto personalmente Gesù e soprattutto ha messo in pratica quello che il Signore ha detto. Luca scrive il suo racconto con la finalità che non rimanga un racconto fantastico che guarda al passato, come fosse la storia edificante di un uomo eccezionale da commemorare. Luca scrive perché è fondamentale che il cristiano attualizzi ogni giorno quella storia, che senta di essere lui, con il battesimo che ha ricevuto, una pagina “vivente” del messaggio di Gesù.

Il passo successivo nel testo di questa domenica, ci presenta Gesù che legge nella sinagoga un passo della Bibbia. Gesù legge una profezia che parla di liberazione, di gioia, di unità per tutti, a cominciare da chi è più povero e oppresso. Gesù alla fine della lettura fa un annuncio: “Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato”. La Parola di Dio non è uno sguardo al passato, ma “oggi” è viva in Gesù e in coloro che portano il suo nome. Gesù con coraggio dal pulpito della sinagoga di Nazareth dice che le profezie di liberazione si sono realizzate in lui. E noi che riascoltiamo questo racconto siamo chiamati a fare altrettanto, a far in modo che la vita di Gesù sia di nuovo visibile in quello che facciamo e diciamo, nei nostri progetti e scelte quotidiane.

Mi ha colpito profondamente ascoltare in questi giorni la predica del vescovo donna della Chiesa episcopale americana, la reverenda Mariann Budde. Dal pulpito della cattedrale di Washington ha parlato con coraggio al neo eletto presidente Trump, richiamando il nuovo presidente alla misericordia verso i poveri e gli stranieri, così come la Parola di Dio continuamente richiama. Questa donna cristiana, vescovo della sua chiesa, con poche parole, rimbalzate sui media di tutto il mondo, ha dimostrato che crede che il Vangelo non è lettera morta residuo di un passato remoto o un futuro irraggiungibile nell’aldilà, ma crede che il Vangelo parla all’oggi e chiede oggi scelte coraggiose e compromettenti. A chi la può accusare di essere cristiana, Mariann Budde dal quel pulpito ha dato la prova più decisiva perché ha colto il momento per dimostrare che crede alla attualità sempre viva della Parola di Dio.

Nel proseguo della storia del Vangelo, Gesù dopo aver parlato con coraggio nella sinagoga, verrà minacciato di morte, perché accusato di sovvertire l’ordine e le tradizioni del passato.

Anche noi corriamo con le nostre parole, le nostre scelte e i nostri gesti di essere accusati di essere come Gesù?

Giovanni don

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