la forma e il peso dell’amore

Nella messa domenicale impariamo che l’amore di Dio non è mai qualcosa di astratto, ma ha un corpo concreto, che è quello di Gesù. Gesù si fa mangiare nei fratelli che abbiamo accanto e nel sacramento dell’altare. La forma e il peso dell’amore sono quelli di ogni essere umano che ama e si fa amare, come Gesù.
(DOMENICA 18 agosto 2024 – XX anno B)

 

In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?».
Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me.
Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».
(dal Vangelo di Giovanni 6,51-58)

 

L’amore è la cosa più importante nella vita dell’essere umano e anche dell’intero universo. San Paolo in uno dei brani più famosi delle sue lettere arriva a dire che si può avere anche una fede che sposta le montagne, ma se non si ama non serve a nulla. E Giovanni evangelista, del quale è questo passo del Vangelo, scrive in una sua lettera che Dio stesso è Amore.

Come è fatto l’amore? Che forma ha? Possiamo misurarne le dimensioni e il peso?

Se è un sentimento, se è un modo interiore del cervello e del cuore, in che modo lo possiamo vedere?

L’evangelista Giovanni riporta al centro del suo Vangelo questo lungo discorso di Gesù pane di vita, che per la Chiesa nei secoli è stato un punto di riferimento fondamentale per comprendere l’Eucarestia.

Gesù arriva a dire che “mangiare il suo corpo e bere il suo sangue” porta all’unione profonda con lui e con Dio Padre, e dona eternità alla vita.

“Mangiare la carne e bere il sangue” non ha ovviamente un significato cannibalesco, ma nemmeno va spiritualizzato a tal punto da renderlo un insegnamento astratto. Gesù non parla di mangiare i suoi muscoli e bere il liquido organico che scorre nelle sue vene, ma di sperimentare davvero un’unione di vita concreta con la sua.

Mangiare e bere Gesù, significa fare della sua vita la nostra vita, vivere il suo amore dentro i nostri gesti quotidiani. Mangiare e bere Gesù è unire la sua carne alla nostra carne. Per “carne” si intende la vita che abbiamo nella sua concretezza e realtà, fatta anche di limiti e fragilità. Gesù ci dice che non dobbiamo mai nasconderci dietro la “scusa” che non siamo perfetti e che facciamo fatica a vivere da buoni cristiani. Siamo fatti di “carne”, così come di “carne” è il mondo che ci circonda, e di “carne” era Gesù di Nazareth e i suoi primi amici. Gesù dentro la sua “carne”, dentro i limiti della sua vita terrena, ha mostrato la via di Dio, la via dell’eternità, la via dell’amore. Quello che ha mostrato Gesù è un amore che non rimane “per aria”, astratto in ideali irraggiungibili, ma è un amore di “carne”, quella di ogni essere umano, anche la nostra.

Ecco perché la Messa domenicale, il rito dell’Eucarestia che fin da subito i cristiani hanno celebrato, è un bisogno prima di essere un dovere. Anzi ritengo che puntare sul “dovere” nella partecipazione all’Eucarestia alla fine porta fuori strada. Abbiamo bisogno come cristiani di sperimentare la “carne” della nostra fede, la “carne” della presenza di Gesù. L’Eucarestia è un rito nel quale insieme ci ritroviamo come cristiani per non rischiare di far evaporare in tanti buoni propositi astratti la nostra fede. La preghiera comune che ci raduna come comunità soddisfa il nostro bisogno di “vedere” e “toccare” l’amore di Gesù, che poi possiamo vedere e toccare anche nella vita di tutti i giorni. Durante la Messa quel fratello e quella sorella che abbiamo accanto sono la “carne” di Gesù. La Parola di Dio che ascoltiamo e le preghiere e canti che facciamo insieme sono la “carne” di Gesù. Quel piccolo pezzo di pane e quel sorso di vino che sono sull’altare e che riceviamo, sono la “carne” e il “sangue” di Gesù, sono il suo amore che non rimane mai astratto. Tutta questa carne e sangue di Gesù ci sono donati nella Messa domenicale perché senza questa concretezza la nostra fede muore di astrattezza.

Ed è così che l’amore, la forza che tiene insieme la vita di ogni singolo individuo e del mondo e della Storia, prende forma e peso. Sono la forma e il peso della carne di Gesù dentro la nostra carne.

L’amore di Gesù ha la forma delle nostre mani che aiutano, sostengono, donano. L’amore di Gesù ha la forma dei nostri occhi che guardano con affetto e si accorgono del prossimo. L’amore di Gesù ha la forma delle nostre orecchie che ascoltano e della nostra bocca che benedice, cioè dice il bene e non giudica il prossimo.

Il peso dell’amore di Gesù è quello del nostro corpo, di tutto noi stessi che siamo qui nel mondo per amare e farci amare ogni giorno.

Giovanni don

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