domenica 5 ottobre 2008
In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo:
«Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo, che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano.
Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo.
Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità !”. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero.
Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?».
Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo».
E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture:
“La pietra che i costruttori hanno scartato
è diventata la pietra d’angolo;
questo è stato fatto dal Signore
ed è una meraviglia ai nostri occhi”?
Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti».
(dal Vangelo di Matteo, 21,33-43)
La parabola che Gesù racconta finisce in modo drammatico: i contadini che l’avevano in affitto dal padrone e che volevano rubarla in modo disonesto e violento finiscono per perdere tutto, perdono infatti la vigna e la loro stessa vita.
In questi ultimi tempi tra i tanti motivi di ansia che continuamente ci colpiscono attraverso i mezzi di comunicazione, c’è la crisi finanziaria mondiale. I mercati crollano, le banche più potenti del mondo falliscono, il petrolio sale e scende, l’inflazione spreme le famiglie… Davvero si ha l’impressione di esser sull’orlo di perdere tutto e di diventare sempre più poveri.
E si comprende che tutto quello che accade ha origine da una grande disonestà di pochi che poi coinvolge e condiziona tutti gli altri.
Non entro nel merito (non ne sono capace) ma vorrei solo cogliere un nesso tra questa pagina del Vangelo e la vita che viviamo, sia a livello mondiale che a livello personale e famigliare (che più ci riguarda).
Gesù punta il dito contro questa disonestà dei contadini che pensano di gestire la vigna come se fosse loro e sono capaci anche di uccidere pur di avere quel che vogliono. Sono così corti di mente che non vedono le conseguenze del loro agire. Hanno dimenticato la grandezza del loro padrone che li caccerà e farà perdere loro tutto.
Gesù parla ai religiosi del suo tempo che non si accorgono che con il loro egoismo hanno lasciato fuori Dio dalla loro vita religiosa e finiscono così per perdere tutto quello che vorrebbero gestire a modo loro.
Gesù parla all’uomo di oggi e lo vuole scuotere dalla sua pretesa di gestire la vita e il mondo come se fosse suo e senza tenere che quello che ha è prima di tutto di Dio.
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Se dimentichiamo che quello che abbiamo (la nostra stessa vita, il mondo che abitiamo, le cose che ci circondano e le persone accanto a noi) viene da Dio allora pensiamo che tutto è solo nostro e che l’unico obiettivo è controllare e consumare. Le conseguenze le vediamo non solo a livello di crisi economica delle banche mondiali, ma allargando lo sguardo vediamo che la crisi è nella solidarietà tra gli uomini, cresce così il razzismo che vorrebbe cacciare chi “non è dei nostri e chi non si comporta come noi”. Entrano in crisi le relazioni in famiglia e tra vicini e colleghi. Se vivo con l’unico obiettivo di allargare ciò che è mio a scapito dell’altro e dimenticando Dio, non ho un gran futuro e mi incammino verso la stessa fine dei contadini della parabola.
Le parole del Vangelo di questa domenica non mi lasciano in pace e mi vogliono amorevolmente metter in guardia.
In questi giorni si celebra la memoria di San Francesco (4 ottobre) che nel lasciare tutto e nell’affidarsi solo a Dio ha fatto la regola di vita. E’ il patrono della nostra nazione italiana. Che sia davvero ispiratore di semplicità e che ispiri in noi sentimenti di condivisione più che di consumo, in modo che la nostra ricchezza nazionale non sia solo determinata dal Pil o dal Mibtel che salgono, ma dai valori della fraternità e della convivenza tra tutti.
Giovanni don
Ciao Don sono Diego… Come stai? Spero bene. Il giorno del tuo insediamento in Bussolengo ho provato una grande gioia e un’emozione forte per te e con te. Anche se tardi, ma nulla viene mai per caso, era giusta questa riconoscenza da parte della diocesi nei tuoi confronti. Rimani e rimarrai sempre il nostro punto di riferimento per me e Alessandra, e non solo, nel cammino della vita e nella fede in Gesù Cristo. Sono contento di questo mezzo di comunicazione e condivisione, è un mezzo che rafforza anche il tuo carisma ricordatelo, cioè quello di realizzare uno dei valori insiti nella Chiesa ossia l’universalità . Valore da identificare non certo nel potere e nella ricchezza della Chiesa come istituzione, ma nel messaggio trasversale che essa è chiamata a portare indistintamente a tutti gli uomini e donne di questo pianeta, perchè anche questi nel loro piccolo riescano a viverlo e a sentirlo in maniera universale per poterlo condividere con i fratelli e le sorelle.
Sono fantastici i messaggi e le riflessioni che da tre domeniche il Vangelo e tu Don ci proponete. E lo stesso San Francesco oggi cade proprio a fagiolo. Testi ed esempi di santità come quella di Francesco, che ci devono portare ai valori più alti della vita, sapendo che il dono più alto non è che la vita stessa.
Una domanda che mi è sorta nella mia riflessione in preparazione a questa domenica e ricordando le domeniche precedenti è la seguente: secondo me, secondo noi, in che rapporto sta Dio con l’uomo? è tutto qua che ci si gioca… Le parabole di Gesù ci rafforzano il termine rapporto: rapporto di lavoro (lavoratori della vigna), i frutti (il rendimento in rapporto al lavoro), la sincerità (il servo umile e fedele, il rapporto con il prossimo), la smania del possedere e di sopraffare l’altro, l’arrivismo, la carriera… Tutti termini che ci fanno riflettere sul rapporto che ciascuno di noi ha con Dio? Eppure l’uomo si perde dopo aver voluto sostituirsi al Creatore? Questa è una costante e Francesco l’ha proprio vissuta. Ecco per concludere ricorro ad un termine giuridico usufrutto. Ecco la definizione giuridica: L’usufrutto è un diritto reale minore (il primo passo sentirsi inferiori a Dio) regolato dagli articoli 978 e seguenti del Codice Civile, consistente nella facoltà di godimento di un bene (la vita) uti dominus (utilizzandolo per il proprio vantaggio, potendo percepirne anche i frutti), limitata solo dal non poterne trasferire la proprietà principale (la vita è un dono ricevuto dall’unico depositario che è Dio) ed al rispetto della destinazione economica impressavi dal proprietario (il rispetto e la contemplazione della vita, delle cose e del creato di Dio, il proprietario).
Si tratta di un diritto reale di godimento su cosa altrui dal contenuto molto vasto: le facoltà dell’usufruttuario hanno infatti un’estensione che si approssima, pur senza raggiungerla, alla facoltà di godere delle cose spettante al proprietario, al quale residua la nuda proprietà .
Ecco infine il richiamo anche al Vangelo dei talenti del nostro matrimonio, i doni i talenti, avvertire la presenza di Dio, la contemplazione di ciò che ci circonda e la comunione e condivisione dei frutti con i fratelli e le sorelle.
A chi parla oggi Gesù?
A noi, odierni neofarisei, che andiamo alla messa domenicale e per questo ci sentiamo a posto; che crediamo di aver capito tutto e per questo vorremmo che gli altri fossero come noi; che ci sentiamo arrivati alla meta e ci dimentichiamo di ciò che c’è alle nostre spalle ; che non vediamo la immensa trave nel nostro occhio e pretendiamo che siano gli altri a cambiare.
Noi siamo creature,immensamente amate dal Creatore così come siamo, non devo dimenticarlo mai.
Io vivo proprio la condizione della parabola, ma non rappresento i contadini, anzi i contadini sono tutti i miei parenti, che si vogliono mangiare tutto buttandomi pure fuori di casa, ed i parenti di mio marito che non ci parlano più per paura di doverci dare la sua parte di casa quando loro l’hanno presa tutta. i contadini li trovo ogni giorno al mio lavoro, che a spallate vogliono schiacciare gli altri per primeggiare e ricevere favoritismi, li trovo a scuola (frequento una scuola serale per adulti) che guardano solo i loro interessi senza rispettto per gli altri, nenche per gli insegnanti. Ho bisogno di tanta serenità perchè questa società mi ferisce il corpo e l’anima.