DOMENICA 27 settembre 2020
XXVI anno A
In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: “Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna”. Ed egli rispose: “Non ne ho voglia”. Ma poi si pentì e vi andò. Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: “Sì, signore”. Ma non vi andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Risposero: «Il primo».
E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli».(dal Vangelo di Matteo 21,28-32)
Quale è la parte della Messa che più ci piace?
Sembra una domanda un po’ superficiale, come se si potesse fare una classifica di gradimento nella celebrazione Eucaristica che è significativa e ricchissima in ogni sua parte e in ogni momento. In questi giorni viene pubblicato e tra qualche mese entrerà in vigore il nuovo Messale per la celebrazione della Messa. Il Messale è quel libro che contiene tutte le preghiere e le modalità con le quali celebrare il sacramento vertice dei cristiani, che è appunto la celebrazione eucaristica. Ci sono state tante riforme e rinnovamenti del Messale, e il più significativo degli ultimi tempi è stato sicuramente quello dopo il Concilio, con una serie di cambiamenti anche radicali, non tanto nel significato ma soprattutto nel modo di celebrare. Uno su tutti l’uso della lingua italiano al posto del tradizionale latino. Questo nuovo Messale non stravolge le cose ma porta avanti un lavoro lungo di rinnovamento perchè la celebrazione della Messa sia il più possibile un saldo ponte tra tradizione e modernità , tra Vangelo pregato e riflettuto e il Vangelo vissuto.
Il nuovo Messale è quindi una buona occasione per tutti, preti e laici, per domandarsi come effettivamente viviamo la Messa nel suo complesso, al lì da dei singoli riti e parole.
Ma tornando alla domanda su quale parte della Messa preferiamo, l’ironia potrebbe farci dire che è quella dove il prete dice “andate in pace”, cioè la parte finale, quando siamo liberati dal rito con le sue lungaggini e pesantezze. Dio cosa risponderebbe?
Anche nel Vangelo Gesù pone una domanda ai suoi ascoltatori, che sono coloro che lo accusano, ma non è ovviamente una domanda sulla messa. Partendo da una storiella semplice li invita a prendere posizione senza nascondersi in argomentazioni complicate. Tra i due figli invitati dal padre a lavorare, chi davvero alla fine mette in pratica l’ordine di lavorare? Quello che a parole dice di no ma poi si pente e si mette a lavorare, oppure quello che a parole, molto altisonanti e di sottomissione (“Si, signore”), dice si ma poi non fa niente? La risposta è assai semplice da dare, e subito Gesù dalla domanda passa ad una accusa senza peli sulla lingua, facendo vedere che i suoi accusatori apparentemente molto religiosi a parole, in realtà nei fatti sono superati da pubblicani e prostitute amici di Gesù. Questi infatti, che per loro erano maledetti e lontani da Dio, si sono lasciati raggiungere da Gesù, dalla sua amicizia e proposta di vita e che hanno davvero cambiato la loro vita in bene. Chi ascolta questa pagina di Vangelo, me compreso, non può non sentirsi tirato dentro, sia che la leggo da solo, sia che la ascolto in modo solenne durante la Messa domenicale.
Anzi proprio mentre celebriamo la Messa queste parole di Gesù ci coinvolgono di più e ci chiedono di dare una risposta con la vita concreta e non solo con le labbra. Una religiosità vissuta solo di adesione superficiale di parole, di qualche distratta preghiera, di qualche gesto “sacro” o immagine appesa alle pareti di casa o rosari al collo solo come ornamento, è una religiosità che allontana da Dio e ci fa rimanere bloccati.
Il figlio che subito dice “no” e poi si pente e si mette a lavorare, ben rappresenta una fede viva e vera che è fatta di dubbi e ribellioni ma anche di voglia di interrogarsi e cambiare. Lo spazio tra l’iniziale “no” e il successivo “si”, è lo spazio della conversione, che porta a rivedere le proprie scelte, a ripensare il rapporto con Dio come Padre. E’ il tempo in cui ci si accorge che lavorare per Dio è molto meglio che lavorare solo per sè stessi in modo egoistico. E sono tanti coloro che magari sembrano lontani da Dio (secondo i nostri schemi…), ma poi dentro la loro vita dicono “si” tante volte anche se noi non lo sappiamo. La nostra vita di fede non è un immobile “si” dato per sempre ed esibito in qualche occasione pubblica, ma è un continuo cambiamento a volte faticoso per portare concretamente il Vangelo nella nostra vita e nella vita del mondo che ci circonda.
Penso che se domandassimo a Dio quale è la parte della Messa che lui preferisce, quando ci vede celebrare, sono certo che direbbe quella che inizia dalla fine, quando vede che le parole e i gesti della liturgia diventano vita concreta e fanno sì che la Celebrazione del suo amore non si conclude mai… come piace a Lui.
Giovanni don