La Messa è un invito rivolto a tutti, e non è la “cena dei perfetti”. A tavola Gesù offre il cibo migliore che è la sua vita, e non chiede altro che ci fidiamo di lui. Per questo la Chiesa ha continuato a vivere quel gesto dell’Ultima Cena come il modo migliore per ricordare il Signore e la sua misericordia, e per ricordare che in ogni vita c’è posto per Gesù.
(Domenica 13 aprile 2025 – LE PALME)
Quando venne l’ora, [Gesù] prese posto a tavola e gli apostoli con lui, e disse loro: «Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione, perché io vi dico: non la mangerò più, finché essa non si compia nel regno di Dio». E, ricevuto un calice, rese grazie e disse: «Prendetelo e fatelo passare tra voi, perché io vi dico: da questo momento non berrò più del frutto della vite, finché non verrà il regno di Dio».
Poi prese il pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: «Questo è il mio corpo, che è dato per voi; fate questo in memoria di me». E, dopo aver cenato, fece lo stesso con il calice dicendo: «Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che è versato per voi».
«Ma ecco, la mano di colui che mi tradisce è con me, sulla tavola. Il Figlio dell’uomo se ne va, secondo quanto è stabilito, ma guai a quell’uomo dal quale egli viene tradito!». Allora essi cominciarono a domandarsi l’un l’altro chi di loro avrebbe fatto questo.
E nacque tra loro anche una discussione: chi di loro fosse da considerare più grande. Egli disse: «I re delle nazioni le governano, e coloro che hanno potere su di esse sono chiamati benefattori. Voi però non fate così; ma chi tra voi è più grande diventi come il più giovane, e chi governa come colui che serve. Infatti chi è più grande, chi sta a tavola o chi serve? Non è forse colui che sta a tavola? Eppure io sto in mezzo a voi come colui che serve. Voi siete quelli che avete perseverato con me nelle mie prove e io preparo per voi un regno, come il Padre mio l’ha preparato per me, perché mangiate e beviate alla mia mensa nel mio regno. E siederete in trono a giudicare le dodici tribù di Israele.
Simone, Simone, ecco: Satana vi ha cercati per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te, perché la tua fede non venga meno. E tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli». E Pietro gli disse: «Signore, con te sono pronto ad andare anche in prigione e alla morte». Gli rispose: «Pietro, io ti dico: oggi il gallo non canterà prima che tu, per tre volte, abbia negato di conoscermi».
Poi disse loro: «Quando vi ho mandato senza borsa, né sacca, né sandali, vi è forse mancato qualcosa?». Risposero: «Nulla». Ed egli soggiunse: «Ma ora, chi ha una borsa la prenda, e così chi ha una sacca; chi non ha spada, venda il mantello e ne compri una. Perché io vi dico: deve compiersi in me questa parola della Scrittura: “E fu annoverato tra gli empi”. Infatti tutto quello che mi riguarda volge al suo compimento». Ed essi dissero: «Signore, ecco qui due spade». Ma egli disse: «Basta!»
(dal Vangelo di Luca 22,14-38)
La cena è pronta! Tutti a tavola!
È la più classica delle scene familiari: quando la mamma — anche se, sempre più spesso, è il papà a cucinare — termina di preparare il cibo, lo sistema sulla tavola e chiama a raccolta tutti i familiari “dispersi” in casa, ciascuno intento nelle proprie occupazioni, per mangiare insieme.
Ma sedersi a tavola non è solo una questione pratica, non è soltanto il momento in cui si consuma un pasto: è un vero e proprio rito umano, presente fin dagli albori dell’umanità e in tutte le culture. Si mangia insieme condividendo il cibo, e in questo gesto si esprime una profonda condivisione di vita, di pensieri, di cuore.
Gesù fu spesso accusato non solo di avvicinarsi ai peccatori, a coloro considerati impuri e indegni, ma addirittura di sedere alla loro mensa e mangiare con loro.
Proprio nel contesto del pasto pasquale, quello che chiamiamo l’Ultima Cena, Gesù affida ai suoi amici le istruzioni definitive e, in un solo gesto, riassume tutta la sua persona, la sua vita e la sua missione.
“Tutti a tavola!”, sembra dire Gesù ai suoi discepoli. Il pasto che ha preparato e posto sulla mensa è sé stesso, e il tempo necessario per preparare questo “cibo” ha la durata di tutta la sua vita. In quel pane spezzato e in quel calice di vino condiviso c’è tutto Gesù: i suoi insegnamenti, i suoi gesti, gli incontri, le fatiche, le incomprensioni vissute, gli atti di perdono, le discussioni con i capi del popolo e persino con i suoi discepoli. E soprattutto c’è il suo legame profondo con Dio, che egli chiama Padre.
Gesù mette sul tavolo tutto ciò che è stato, che è, e che sarà da lì a poche ore, con la sua morte sulla croce.
In quella cena pasquale spicca l’annuncio del tradimento di Giuda, che si alzerà da tavola per andare a complottare con i capi del popolo e accordarsi con loro per la consegna di Gesù. Ma non è l’unico tradimento. C’è un dettaglio quasi ironico: mentre i discepoli si domandano chi tra loro sarà il traditore, finiscono per tradirlo tutti insieme. Mentre Gesù, in tavola, offre la sua vita come dono d’amore per gli ultimi, loro discutono di chi sia il più grande, di onore, di potere.
Gesù offre un cibo d’amore, ma loro hanno fame di grandezza e sete di ricchezza.
Quanta distanza c’è tra ciò che Gesù compie e ciò che i discepoli comprendono e vivono!
È davvero l’immagine della Chiesa di ogni tempo, anche della Chiesa di oggi.
Ciò che accade nell’Ultima Cena si ripete ogni volta che, come cristiani, ci raduniamo per celebrare la Messa. Da una parte la grandezza dell’amore di Dio, dall’altra la nostra piccolezza, la nostra fede fragile, le nostre incoerenze. Da una parte Gesù che si dona totalmente e ci insegna la via del servizio, dall’altra noi che facciamo fatica a perdonare, a essere coerenti con il Vangelo.
Quando sento ripetere che per ricevere la Comunione bisogna essere “in grazia di Dio”, mi chiedo che cosa significhi davvero, e soprattutto come venga vissuto nelle nostre comunità.
La Cena del Signore, che rinnoviamo ogni volta che celebriamo l’Eucaristia, non è la cena dei perfetti, degli arrivati, dei pienamente convertiti.
È la celebrazione della nostra fede fragile, povera, bisognosa di imparare, di crescere, di essere perdonata e rimessa in cammino.
La Messa è la grande tavola dei peccatori — cioè di noi — alla quale siamo continuamente invitati, così come siamo: con ciò che siamo, con ciò che non riusciamo a essere, con i nostri piccoli e grandi tradimenti.
La Messa richiede solo una cosa: la fede che colui che ci chiama è il Risorto. Gesù, ancora oggi, vuole che ci sediamo a tavola con lui, tra noi, per ricevere il cibo migliore per la nostra vita: il Vangelo e la sua presenza viva.
Tutti a tavola, allora! La Cena del Signore è pronta!