Non siamo mai così poveri da non poter donare qualcosa di nostro, un po’ di tempo, una parola o un gesto. In un mondo in cui vince chi prende e pretende, il cristiano arricchisce facendo come Gesù, donando tutto se stessi E a volte basta davvero poco… anche due spiccioli
(DOMENICA 10 novembre 2024 – XXXII anno B)
In quel tempo, Gesù [nel tempio] diceva alla folla nel suo insegnamento: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa».
Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo.
Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere»
(dal Vangelo di Marco 12,38-44)
Quando si prepara la celebrazione della Messa, una delle cose importanti è la scelta dei canti dell’assemblea. Questi non sono un riempitivo e basta, ma parte integrante della preghiera e si devono scegliere in base al Vangelo, in base al momento della messa e anche in base ad una eventuale festa o ricorrenza del giorno. Per il momento dell’offertorio di questa domenica, dopo aver letto il racconto della vedova che getta nel tesoro due spiccioli, e che per Gesù è un esempio, mi verrebbe da suggerire la canzone di Tozzi, Ruggeri e Morandi che ha vinto Sanremo nel 1987: “Si può dare di più, perché è dentro di noi. Si può dare di più senza essere eroi. Come fare non so, non lo sai neanche tu. Ma di certo si può dare di più…”.
Si può dare di più… e non mi riferisco alla quantità del denaro da gettare nel cestino che gira tra i banchi, ma alla propria vita.
Gesù è dentro il Tempio di Gerusalemme, la massima espressione fisica della tradizione religiosa di Israele. Il Tempio conteneva l’arca dell’Alleanza con le Tavole della Legge, cioè il segno del dono che Dio aveva dato al popolo. Nel Tempio si raccoglievano anche il denaro e i beni che dovevano poi essere distribuiti ai poveri, perché Dio liberatore e misericordioso, invitava il popolo a fare la stessa cosa con i poveri.
Ma purtroppo non era più così, e Gesù denuncia questo storpiamento della religione. I capi religiosi e coloro che dovevano essere di esempio invece di preoccuparsi di donare, prendevano e pretendevano. Erano preoccupati di apparire buoni, generosi e religiosi, ma non si preoccupavano di esserlo per davvero. Gesù denuncia uno stile di vita dove “si può prendere di più”, dove appare come un vero eroe da imitare chi è capace di accumulare beni e potere.
Ma lo sguardo attento di Gesù si posa su una figura “invisibile”, solo a chi guarda con superficialità. Gesù mette in luce un gesto piccolo ma carico di Dio, e nel quale Gesù stesso riconosce tutta la sua vita. Gesù vede questa povera vedova, anche se già essere “vedova” a quel tempo significava dire “povertà”, dato che era una donna senza protezione e in balia di chi la poteva sfruttare rimanendo impunito.
Quella vedova compie un gesto razionalmente assurdo, ma evangelicamente perfetto: dona due spiccioli che corrispondono a tutto quello che ha per vivere. Questa donna dona per i poveri tutta sé stessa. È un povero che salva il povero, è una persona povera di mezzi ma ricca di umanità, e che vede nel donare la vera libertà e la strada della ricchezza umana. Per Gesù questa donna, di cui non sappiamo il nome, è l’immagine perfetta della sua missione: da Dio si è fatto essere umano per donare tutto sé stesso per amore.
Questo sguardo di Gesù, capace di vedere un piccolo gesto di amore in mezzo a tanto egoismo e apparenza, mi ispira e mi invita a raffinare il mio sguardo e la mia capacità di vedere il bene.
Lo sguardo attento di Gesù, che da un lato denuncia e dall’altro indica una strada di vera umanità, è lo stesso che sono chiamato ad avere anch’io, verso me stesso, verso la comunità cristiana e il mondo.
Cosa in me è solo apparenza, ricerca di consenso e finta bontà? Cosa invece sono capace di fare per gli altri, quali piccoli gesti di generosità riconosco in me e che mi cambiano la vita, mi rendono più ricco in umanità e mi fanno sembrare davvero più simile a Gesù? Concretamente oggi, in questo momento, in questa mia situazione di vita, quali sono i due spiccioli di generosità che posso subito dare?
Anche come Chiesa siamo chiamati a dare, anche se diventiamo più poveri di numero, di consenso e di beni. Anche se tante chiese, conventi, oratori, strutture ecclesiali chiudono, non possiamo mai diventare così poveri da non poter donare e fare gesti rivoluzionari come quello della povera vedova.
Forse la canzone di Sanremo “Si può dare di più” non la possiamo cantare a Messa, anche perché sono tanti altri i canti belli e adatti, ma potrebbe davvero diventare il motivetto interiore che ci diciamo personalmente e come comunità di fronte alle povertà di tanti fratelli e sorelle, difronte alle povertà del mondo e contro egoismi e guerre: “si può dare di più… perché è dentro di noi…”
Possiamo dare di più perché ce lo abbiamo scritto dentro con il Battesimo!
Giovanni don