La Chiesa è chiamata a custodire le parole di Gesù ma non ne ha l’esclusiva. Dove nel mondo c’è anche il più piccolo segno di bene, piccolo anche come un bicchiere d’acqua, li è presente Dio. Ecco perchè tutti nel mondo possono vivere il Vangelo anche se non lo riconoscono in modo esplicito. Davvero il Vangelo è per tutti e tutti per il Vangelo. (DOMENICA 29 settembre 2024 – XXVI anno B)
In quel tempo, Giovanni disse a Gesù: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva». Ma Gesù disse: «Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi.
Chiunque infatti vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa.
Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare. Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geènna, nel fuoco inestinguibile. E se il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo: è meglio per te entrare nella vita con un piede solo, anziché con i due piedi essere gettato nella Geènna. E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, gettalo via: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geènna, dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue».
(dal Vangelo di Marco 9,38-48)
Qualche sera fa sono stato invitato in una parrocchia della Diocesi di Cremona per un incontro in preparazione all’arrivo del nuovo parroco.
Insieme ad una coppia di sposi amici, Elisabetta e Federico, abbiamo provato a far riflettere la comunità presente su questa esperienza di passaggio che è sempre un momento impegnativo, sia per il nuovo parroco che per la comunità stessa che lo accoglie. Il cambio di un parroco è sempre un momento di crisi per una parrocchia. Dietro la parola “crisi” non sta automaticamente un qualcosa di negativo. Ci aiuta l’origine della parola stessa, che viene dal greco “krisis”, che significa “scelta”, “decisione”.
Ogni crisi, che si presenta come un improvviso e drastico cambiamento delle abitudini e dei programmi, può davvero essere un’ottima occasione di una scelta e di una rinnovata decisione. Come cristiani siamo continuamente in crisi e messi in crisi. Non solo il cambio del pastore della comunità ma anche quello che ci succede nella vita continuamente (eventi drammatici personali e sociali, lutti, il cambiamento della società) “mette in crisi” quello che crediamo quello che facciamo come singoli e come parrocchia, e anche come Chiesa intera.
Per affrontare le crisi in modo positivo senza farsi travolgere il segreto è aprire le porte e non alzare le difese. Mentre siamo tentati di metterci sulla difensiva per non perdere quello che siamo, le nostre tradizioni e l’identità, è proprio il Vangelo stesso che ci invita a fare il contrario e “osare” una apertura ancora maggiore.
Gesù insegna questo ai suoi discepoli con i quali sta buttando le basi della Chiesa che siamo oggi.
Nel Vangelo di questa domenica i discepoli sono preoccupati perché sentono che qualcuno fa del bene nel nome di Gesù (cioè con la sua forza) anche se non fa parte del gruppo dei discepoli. Scatta quindi la paura di perdere l’esclusiva della forza del loro Maestro e vogliono impedire che questo accada. I discepoli vogliono fare quadrato attorno a Gesù e avere l’esclusiva della sua identità. Ma Gesù stesso li sorprende e insegna loro che non esiste nessuna esclusiva nel fare il bene, e che questo viene sempre da Dio, anche se viene da uno non lo sa esplicitamente. Il bene non va mai impedito, perchè alla fine porta sempre a Gesù, nasce sempre dal Vangelo.
Gesù nel suo insegnamento è ancora più deciso e in questo caso molto duro con i suoi discepoli. Se un discepolo mette in difficoltà e frena uno che fa anche un piccolo gesto di bene solo perché non fa parte del gruppo dei discepoli, quel discepolo si autoesclude dal legame con Gesù stesso. La comunità dei cristiani non deve mai essere chiusa ma sempre aperta per riconoscere e promuovere il bene anche fuori della comunità, anche in contesti laici o addirittura in altre fedi religiose. Dio opera il bene oltre i confini della comunità cristiana, perché il Vangelo è sempre più grande della Chiesa che lo custodisce.
Quando celebriamo la messa in estate, teniamo sempre spalancato il portone centrale della chiesa. Io che sono sull’altare rivolto verso l’assemblea oltre la porta aperta vedo le colline con gli altri paesi e vedo la strada provinciale in lontananza con le auto che passano. Ogni tanto penso che quel Gesù che ascoltiamo, invochiamo e lodiamo in chiesa nella celebrazione, in quello stesso momento è anche dentro le chiese degli altri paesi e nelle case che sono in lontananza, è dentro le auto che sfrecciano chissà da dove e per chissà dove, Gesù opera e vive anche in tutte le persone, tra le quali tantissimi stranieri e turisti, che sono ignari che noi stiamo pregando. Ma è proprio la preghiera che facciamo che mi apre il cuore e mi invita a tenerlo aperto. Se in inverno per ovvi motivi chiudiamo fisicamente il portone della Chiesa, è importante per me come parroco, ma anche per tutta la comunità che prega, non chiudere la mente e il cuore, ringraziando che il Vangelo è vivo e opera oltre noi, oltre le nostre chiese, oltre tradizioni e feste.
Solo aprendo la porta del cuore e abbassando le difese, la comunità del Vangelo si salva e continua a scegliere e decidere per Gesù che opera il bene.