DOMENICA 2 febbraio 2014
Presentazione di Gesù al Tempio
Giornata per la vita
Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.
Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore.
Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:
«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo
vada in pace, secondo la tua parola,
perchè i miei occhi hanno visto la tua salvezza,
preparata da te davanti a tutti i popoli:
luce per rivelarti alle genti
e gloria del tuo popolo, Israele».
Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima -, affinchè siano svelati i pensieri di molti cuori».
(dal Vangelo di Luca 1,22-33)
In questi giorni su una pagina di Facebook dedicata al mio paese di origine, Bussolengo, molti stanno mettendo una serie di brevi post, nella maggior parte ironici e leggeri, che in qualche modo raccontano la storia del paese e le sue peculiarità che con il tempo si sono modificate, ma che nella memoria di molti rimangono caratteristiche tipiche ed esperienze comuni.
Mi ha colpito uno che ha scritto più o meno così: “si andava a messa dai frati perchè la messa durava meno…”. E’ vero! Da piccolo ricordo che questa era la convinzione di molti, anche se non sempre era vero, che le messe del santuario al centro del paese durassero molto meno di quelle in parrocchia. Sono cresciuto con questa cosa che mi girava in testa, cioè che la messa è bella se dura meno…
Sono diventato prete 20 anni fa, e fin da subito mi sono “scontrato” con l’ idea della celebrazione, che “meno dura meglio è”, e che rischia di diventare una strategia per avere più persone che vengono in chiesa la domenica e fermare l’esodo di tanti che pian piano smettono di partecipare.
Perchè l’incontro domenicale dei fedeli attorno alla Parola e all’Eucarestia è avvertito da molti solamente come un rito da compiere per dovere e per “legge divina” da non trasgredire?
Il Vangelo di questa domenica, ci presenta Maria e Giuseppe che con Gesù si recano al Tempio, per compiere un rito di purificazione e di riscatto del primogenito. La legge rituale prevedeva questo, cioè che la madre venisse purificata e che il primo nato venisse “pagato” con delle offerte.
Non ci viene detto nulla dei sentimenti e pensieri profondi che animano i genitori di Gesù in questa loro azione di culto, ma sicuramente sono in linea con la maggioranza del popolo che viveva dentro queste tradizioni secolari e che vedeva in esse il modo più corretto per rendere culto a Dio. Eppure Maria e Giuseppe hanno già fatto esperienza di una novità nella loro vita di fede, con una maternità inaspettata per entrambi, e con segni che dicono che Dio sta cambiando la storia. Ma ugualmente sono qui al Tempio con le loro due colombe (o tortore)…
E proprio nel luogo più alto e significativo della tradizione religiosa del popolo di Israele, irrompe un segno di novità che profetizza la missione futura di questo bambino. Simeone, mosso dallo Spirito di Dio (la cosa è ripetuta dall’evangelista per 3 volte) arriva al tempio per rompere il cerimoniale e spezzare il corso del rito che la famiglia di Nazareth sta compiendo.
Gesù è rivelato come colui che porta novità profonda nel popolo di Israele, e diventa una luce per ogni uomo della terra. Simeone che da una vita cercava un segno della consolazione di Dio, lo trova finalmente in questo bambino come tanti altri, in questa normalissima famiglia che viene da uno dei territori a nord e fuori dal centro religioso. Simeone profetizza, usando l’immagine simbolica della spada che trafigge, che Maria stessa è chiamata a lasciarsi penetrare dalla novità della azione di Dio e della sua Parola. Anche Maria è chiamata a continuare il doloroso e difficile cammino di conversione interiore dal rito all’incontro con la novità di Dio!
Gesù è li nel Tempio per scardinare tutto e distruggere il Tempio stesso con la sua visione di Dio ristretta ad un luogo e imprigionato in riti antichi. Nel Vangelo di Luca infatti Gesù viene presentato poche altre volte nel Tempio, e tutte in un crescendo di polemica e scontro con l’istituzione e i suoi sacerdoti. Gesù infatti non nega il culto in se stesso e il valore storico del Tempio, ma denuncia il fatto che la religione del suo tempo si è pian piano svuotata di Dio e i riti sono diventati un vuoto ripetersi di gesti privi di fede a tal punto da diventare disumani.
Questo passo ci lascia intravedere la gioia profonda e la carica di fede che sono in questo vecchio Simeone, che è pronto anche a morire ora che finalmente ha incontrato la risposta a tutte le sue attese (“i miei occhi hanno visto la tua salvezza…”)
Tornando alle messe corte o lunghe di oggi, mi domando se davvero la soluzione alla sempre più bassa partecipazione alla messa domenicale sia da trovare nella velocità del rito o anche dal fatto che sia più o meno animato bene. E’ vero che una liturgia va curata e fatta bene, ma il problema rimane.
Forse la soluzione è pensare che davvero Gesù e la sua presenza vanno ben oltre il rito domenicale e ogni altro rito e momento organizzato di culto che possiamo fare.
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La forza rinnovatrice della Parola di Dio non sono racchiusi in un luogo e in alcuni gesti rituali, come non lo erano nei culti e nelle pareti del Tempio di Gerusalemme. Gesù è nella vita, perchè è lui stesso vita!
Andare a messa domenicale quindi non serve a rendere culto a Dio e incontrarlo come se lui fosse solo li in quei gesti e parole. La messa domenicale è il momento nel quale impariamo a riconoscere Gesù e a riconoscerci l’un l’altro come parte del Suo corpo e della sua presenza. Nella messa, attraverso gesti antichi in parte rinnovati e resi più comprensibili, celebriamo la vita umana che è toccata e unita alla vita divina.
Se non avrò cercato, amato e seguito Gesù nella vita di ogni giorno, quel rito domenicale, corto o lungo che sia, non sarà servito a nulla. Penso che il pensiero più corretto quando siamo usciamo dalla messa non sia “ho incontrato il Signore… e fino alla prossima messa sono a posto”, ma “adesso ho voglia di incontrare ancora il Signore della vita, che mi aspetta nelle persone, nelle loro storie e nella vita di tutti i giorni che è piena della sua presenza!”
Giovanni don
Un caro amico prete don Emanuele Previdi ha scritto a tal proposito un testo che mi piace molto e che secondo me può essere un buon aiuto a vivere la preghiera come incontro con Dio e non solo riti e parole…
Il libro ha un titolo significativo e provocatorio: “Dalle preghiere inutili all’amicizia con Dio” con il sottotitolo altrettanto provocatorio “o la preghiera trasforma la vita, o la vita eliminerà la preghiera”
(Gabrielli editori)
“Perchè alla gente piace andare alle messe che durano meno?”
Sembra questa la domanda che il Don si pone nel post.
Paradossalmente la risposta sta esattamente nello spirito della Vignetta !
Spiego con le parole di questo articolo:
Quando si vuole presentare una fede alla moda
di Tommaso Scandroglio
http://www.lanuovabq.it/it/articoli-quando-si-vuolepresentare-una-fede-alla-moda-8357.htm
Nell’articolo vengono passate in rassegna tutte le virtù cardinali e teologali (e su come oggi vengano presentate) ed in fine la Carità :
“Infine la carità .
Questa non ci sprona più ad amare Dio e gli altri in virtù dell’amore per Dio, bensì – adulterata dai copisti – è scemata in filantropia, non proprio sempre accessibile a tutti.
E sì perchè una volta uno poteva eccellere nella carità anche chiuso per tutta la sua vita in una cella di un monastero e da lì raggiungere con gli strali del suo amore ogni persona sulla faccia della terra.
Ma oggi non è più così: devi avere un cellulare per essere in grado di aiutare con due euro gli sfollati del Regno delle Banane distrutto da un ciclone (cosa giustissima si badi bene), devi aver il dono della bi-tri-multilocazione per fare in contemporanea il volontario nella Caritas, nella mensa per i poveri e nel Gruppo di ausilio dei senzatetto (cose sempre giustissime).
Per accendere e accedere alla carità una volta bastava avere un cuore pensante e pulsante.
Ora invece la carità l’hanno delocalizzata, come si fa con le aziende in crisi, e si trova quasi esclusivamente in Pakistan sotto le tende di Emergency, in Amazzonia nelle missioni e a Scampia il quartiere napoletano ad alta infiltrazione mafiosa.
Per i più fortunati la carità si trova anche nel negozietto sotto casa che vende prodotti del commercio equosolidale.”
Ebbene, se togliamo Dio dal nostro amare il prossimo …
la messa migliore è una messa corta …
oppure non andarci per nulla.
… e se ci pensate bene: di fatto ora abbiamo entrambi!
La mia vita quotidiana , la mia storia è trasformata ed illuminata dal Signore se alla mensa della PAROLA e del PANE avviene un incontro, se riconosco il Signore nello spezzare il pane , se mi lascio riscaldare e toccare il cuore dalla PAROLA ,che porta in me novità , amore e vita. Se , invece,la partecipazione alla Messa rimane un semplice rito religioso ,un dovere, un sentirsi a posto con la propria coscienza nei confronti del Signore ,allora non dono nulla a chi incontro sul mio cammino perchè non porto con me GESU’.
“Penso che il pensiero più corretto quando siamo usciamo dalla messa non sia “ho incontrato il Signore… e fino alla prossima messa sono a posto , ma “adesso ho voglia di incontrare ancora il Signore della vita, che mi aspetta nelle persone, nelle loro storie e nella vita di tutti i giorni che è piena della sua presenza!”.Sono d’accordo, don Giovanni. Andare a Messa non deve essere un’azione da “timbratura di cartellino”, ma un atto che alimenta la nostra Fede per renderLa più forte nella vita di tutti i giorni. Questo io chiedo al Signore. Mi faccia vivere l’incontro Domenicale con Lui come necessario “carburante” per la mia Fede.
Ciao don Giovanni, quest’anno sono animatore del gruppo Emmaus, mi trovo quindi a parlare con i genitori dei ragazzini che quest’anno riceveranno la cresima e la prima comunione. Nel programma degli incontri c’è proprio da riproporre la messa domenicale come momento fondamentale della vita cristiana. In base alla mia esperienza nei gruppi sono arrivato alla conclusione che oggi non basta dire alla gente che durante la messa si incontra Gesù, che ci invita Dio o che dobbiamo ricevere un dono da Lui…. è banale e talmente riduttivo da risultare stupido. E’ più che normale che la gente oggi rifiuti la cosa. D’altro canto se si vuole approfondire bene l’argomento diventa complesso e difficile da proporre. Ma proprio qui sta il punto: la celebrazione rituale come si propone oggi è impegnativa sia intellettualmente che spiritualmente.
Intellettualmente perchè c’è molto da “sapere per parteciparvi attivamente, e non c’entrano un bel cavolo i bei canti insieme o una bella animazione. E’ necessario sapere cosa succede, cosa si dice insieme al celebrante, quando il celebrante parla in nome di Cristo, quando in nome dell’assemblea, perchè, come, e i tanti simbolismi sono “decifrabili o no….
Spiritualmente perchè la celebrazione è per i cristiani che vivono il battesimo, per le persone che guardano in alto, che hanno il cuore rivolto al Signore. Ricordo la semplicità delle prime celebrazioni cristiane ed il fatto che si svolgevano a porte chiuse, non era roba per tutti, erano e sono i “misteri dei cristiani.
I rituali cristiani così come sono proposti oggi non sono altro che riti sterili, fini a se stessi, probabilmente e purtroppo necessari per mantenere un’istituzione religiosa che poco ha di diverso da quella ebraica.
Quindi sottolineiamo l’importanza delle celebrazioni cristiane, come oggi la pastorale ribadisce, ma proponiamole per quello che sono: momenti impegnativi da capire e vivere correttamente, con impegno e sorretti da una effettiva educazione cristiana. C’è anche un altrimenti, altrimenti si possono trovare alternative per incontrare Cristo, ce ne sono tante…….
Pienamente d’accordo “oggi non basta dire alla gente che durante la messa si incontra Gesù, che ci invita Dio o che dobbiamo ricevere un dono da Lui”.
Infatti la MESSA Domenicale è molto più di questo.
Il mio Don l’ha spiegato con parole semplici (in un incontro post battesimo) che non richiedono super preparazioni culturali (se fosse quello l’ostacolo che impedisce di apprezzare la S.Messa con il cambio dal latino all’italiano ci sarebbe dovuto essere un aumento pazzesco … ed invece sembra che questa teoria della barriera culturale non sia stata esattamente confermata dai fatti).
La S.Messa Domenicale è un evento della comunità .
E’ la comunità che viene chiamata.
che si riunisce, …
In altre parole:
non è ognuno passa quando vuole in Chiesa. (che può succedere … ed è cosa buona e giusta … MA non è la Messa domenicale).
Ecco cosa dire al bimbo che chiede: “perchè andiamo a messa?”
Perchè siamo Cristiani.
Siamo la comunità dei Cristiani.
Disarmante non è vero?
🙂
A me è piaciuta come risposta, chiarisce molto con semplicità .
F.