la strada di gesù non è una passeggiata

ior (colored)
DOMENICA 30 giugno 2013

Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme e mandò messaggeri davanti a sè.
Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per preparargli l’ingresso. Ma essi non vollero riceverlo, perchè era chiaramente in cammino verso Gerusalemme. Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?». Si voltò e li rimproverò. E si misero in cammino verso un altro villaggio.
Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada». E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo».
A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio».
Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio».
(dal Vangelo di Luca 9,51-62)

Ricordo bene il momento quando ho detto ai miei genitori che volevo entrare in seminario. Avevo 19 anni e stavo per finire il liceo. Mancava un mese agli esami di maturità , e una sera ho convocato i miei genitori in cucina, seduti al tavolo dove di solito mangiavamo tutti insieme come famiglia. Non pensavo affatto di ricevere un rifiuto da parte di mamma e papà , ma non era certo facile comunicare loro una scelta così diversa dal solito.
Ricordo che la reazione fu di vera sorpresa, ma con grande calma e senza drammi. Mio padre mi disse più o meno queste parole: “Sei sicuro Giovanni? Guarda che la strada del prete non è facile…”. Non le ho sentite come parole di poca stima nei confronti della mia scelta, ma di giusta preoccupazione di un genitore per un figlio che inizia a fare le scelte importanti della vita. Io risposi a mio padre: “Se questa è la mia strada allora devo farla, perchè sarebbero più difficili per me le altre strade…”. Era infatti questa la consapevolezza che mi aveva portato a scegliere la strada del seminario, cioè la consapevolezza profonda che la mia vita in quel momento passava per il seminario, e non più da altri studi che inizialmente avevo pensato. Dovevo solo seguire quell’intuizione profonda che mi aveva portato fin li, credendo che se un giorno del cammino educativo del seminario avessi capito che non era la mia strada, sarei uscito e avrei cercato altri percorsi.

L’evangelista Luca racconta che Gesù un giorno prende la ferma decisione di andare a Gerusalemme. Letteralmente Luca scrive che Gesù “indurì il proprio volto verso Gerusalemme”, cioè prende con forza la strada che lo porterà , non solo ad entrare nel centro religioso del suo tempo, ma soprattutto lo porterà  a scontrarsi con tutto un sistema religioso che lui è venuto a smascherare nelle sue ipocrisie e a rinnovare nel profondo. Quello che viene descritto dal Vangelo non è solo un viaggio fisico, ma una vocazione che Gesù accoglie e porta fino in fondo, fino alla morte in croce.
Non è certo una strada facile, e persino i suoi discepoli e amici lo comprendono, e molto spesso cercheranno di frenare il loro maestro. Ma è la sua strada, è il motivo per cui è venuto sulla terra. Gesù-uomo ha questa vocazione scritta dentro di se fin dal concepimento in Maria, e che lui accoglie e mette in pratica.
Le difficoltà  che Gesù incontra sono tante in questa sua vocazione di annunciatore del Regno di Dio. La principale difficoltà  è l’incomprensione da parte dei suoi discepoli e anche del contesto religioso nel quale si muove. Gesù di trova immerso nello scontro tra giudei e samaritani che in qualche modo si “scomunicavano” a vicenda, perchè ognuno riteneva di avere la vera concezione di Dio. Ed è per questo che viene rifiutato dai samaritani, sapendo che sta andando a Gerusalemme (che in qualche modo i samaritani non riconoscevano come unico centro religioso) . Ma Gesù non è aiutato nemmeno dagli stessi discepoli. Infatti Gesù si scontra con il loro integralismo religioso quando questi invocano il fuoco dal cielo sopra i samaritani. E li rimprovera.
E proprio mentre si dirige verso Gerusalemme, Gesù incontra questi tre personaggi che possono ben rappresentare i vari modi di vivere la propria vocazione di discepoli in ogni tempo, e quindi anche oggi per tutti noi.
A tutti e tre Gesù non nasconde le esigenze dello stare con lui e come lui: il cammino della fede non è certo una passeggiata, ma richiede dedizione totale e soprattutto coraggio e capacità  di rinnovamento nel profondo.
Gesù infatti ricorda che essere suoi discepoli significa poggiare la propria sicurezza non nei beni che si possiedono, ma solo nella fiducia in lui (“Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo”). Essere discepoli significa anche essere capaci di superare tradizioni e consuetudini consolidate, mettendo come unico punto di riferimento il Vangelo (“Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio”).

    Essere discepoli significa in altre parole avere la stessa faccia “dura” di Gesù, sapendo che su questa strada, anche se spesso dura e in salita, realizziamo veramente il sogno più profondo della nostra vita, e troviamo la vera felicità  che altre strade non danno fino in fondo.
    Dopo 7 anni di seminario e 20 di vita presbiterale, mi ritrovo ancora sulla strada che ho intrapreso quel giorno… Aveva ragione mio padre quando mi disse che non era facile, e so che lo diceva dall’alto della sua più lunga esperienza di vita. Ma avevo ragione anche io, dicendo ai miei genitori che questa era la mia strada, perchè le salite, gli ostacoli, le cadute che ho sperimentato non mi hanno mai fatto cambiare percorso. Sento che lo stesso Gesù che ha “reso duro il proprio volto verso Gerusalemme”, ha reso duro anche il mio per la strada che ha scelto per me.

Giovanni don

6 comments

  1. Gesù ha preso la decisione di andare a Geruslemme dove porterà a compimento la sua opera di salvezza, a Giacomo e Giovanni che vorrebbero usare le stesse armi del Profeta Elia Gesù richiama alla tolleranza, seguire Gesù senza esitazione e alcuna distrazione significa essere fedeli alla Volontà del Padre come ha fatto lui fino al dono supremo del suo amore per noi

  2. “A tutti e tre Gesù non nasconde le esigenze dello stare con lui e come lui: il cammino della fede non è certo una passeggiata, ma richiede dedizione totale e soprattutto coraggio e capacità di rinnovamento nel profondo.” E’ vero, don Giovanni. Magari la strada della Fede fosse una verde e dritta pianura. Invece è una salita, una salita dura, ripida, lungo la quale è facile prendere (ciclisticamente parlando) una “cotta”. Ma le cotte fanno parte della vita e non possiamo realisticamente pretendere che non ci siano. La differenza viene fatta da chi, pur subendo una cotta, non mette il “piede a terra”, ma continua a combattere e a salire. Sale del proprio passo, ma sale. Questa è la Fede. Questo è il significato di questo grande dono, questo dono che ci aiuta a non arrendersi e a trattare ogni difficoltà terrena come mezzo di prova in più per raggiungere quell’obiettivo, obiettivo simboleggiato dal Signore con quella “porta stretta” che è difficile attraversare. Che il Signore ci aiuti e rafforzi sempre la nostra Fede.

Leave a Reply