DOMENICA 8 aprile 2012
PASQUA di RISURREZIONE
Passato il sabato, Maria di Mà gdala, Maria di Giacomo e Salome comprarono oli aromatici per andare a imbalsamare Gesù. Di buon mattino, il primo giorno dopo il sabato, vennero al sepolcro al levar del sole. Esse dicevano tra loro: «Chi ci rotolerà via il masso dall’ingresso del sepolcro?». Ma, guardando, videro che il masso era già stato rotolato via, benchè fosse molto grande. Entrando nel sepolcro, videro un giovane, seduto sulla destra, vestito d’una veste bianca, ed ebbero paura. Ma egli disse loro: «Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. E’ risorto, non è qui. Ecco il luogo dove l’avevano deposto. Ora andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro che egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto». Ed esse, uscite, fuggirono via dal sepolcro perchè erano piene di timore e di spavento. E non dissero niente a nessuno, perchè avevano paura.
(dal Vangelo di Marco 16,1-8)
“Chi ci rotolerà via il masso…?”
E’ la domanda che apre il racconto della resurrezione secondo l’evangelista Marco.
Mi sono fermato su questa domanda, cercando di vedere se in qualche modo risuona anche nella mia mente e nel cuore, e nella mente e nel cuore di tante persone che conosco.
Al tempo di Gesù, le aperture delle tombe scavate nella roccia, erano chiuse solitamente da grandi pietre circolari, scolpite così in modo che si potessero rotolare per entrare o uscire. Erano pietre comunque di grande peso, e serviva veramente molta forza per spostarle, in modo che non fosse agevole aprire e chiudere.
Anche sulla tomba di Gesù è stata fatta rotolare una masso circolare per chiudere l’entrata.
La prospettiva delle donne che si recano al sepolcro è comunque molto piccola. Sono li per imbalsamare un corpo morto. La loro unica preoccupazione è poter entrare senza fatica.
Si aspettano forse un aiuto per poter entrare, ma non si aspettano certo di trovare aperta, oltre la via di accesso alla tomba, la via della vita.
In questo masso vedo le pesantezze della mia vita. Vedo quello che mi blocca nella mia generosità verso il prossimo; vedo anche la pesantezza delle mie incoerenze che appesantiscono la fede e il ministero.
In questa pietra che blocca la strada alle donne, vedo anche tutto quello che in questo tempo di crisi, blocca la speranza dei singoli e delle famiglie. Sarebbe più giusto parlare, non di “crisi” al singolare, ma di “crisi” al plurale, perchè in tanti modi diversi siamo tutti colpiti… e per tutti il macigno si fa grande e difficile da spostare.
Ognuno di noi potrebbe scrivere su quella pietra la propria crisi, le proprie tristezze e pesantezze di vita e di animo. Potremmo anche scrivere quelle di persone che conosciamo e che rendono partecipi delle loro pietre spesso impossibili da spostare.
“Chi mi farà ritrovare il lavoro perduto… mentre la disoccupazione pesa come un macigno?”
“Chi ridonerà la speranza a me e alla mia famiglia, rotolando via il masso della povertà e dell’incertezza sul futuro…?”
“Chi mi ridonerà la speranza nell’amore, rotolando via i macigni delle incomprensioni e delle divisioni…?”
“Chi mi farà tornare la voglia di vivere, sollevando dal cuore la pietra pensate del lutto per la persona cara perduta…?”
E potremmo, in uno slancio di vera apertura al mondo, scrivere sulla pietra della tomba di Gesù, anche le pietre di tanti poveri del mondo che non hanno la forza nemmeno di spostare un piccolo sasso…
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Le donne trovano la pietra rotolata via.
E’ il primo segno di qualcosa di nuovo e ben più grande delle loro aspettative.
Trovano un segno di vita e un indirizzo nuovo per la loro ricerca. Non più la prospettiva di poter almeno entrare in una tomba con un corpo morto, ma l’annuncio di una nuova vita.
“E’ risorto, non è qui…”
Non solo la pietra è spostata, ma anche per loro è riservato un alleggerimento del cuore e della vita.
Preoccupazioni, pesantezze e paure sono chiamate a dileguarsi con la resurrezione di Cristo, e davanti a loro si apre una strada nuova.
Non possiamo celebrare la Pasqua senza tener conto della pesantezza delle pietre che chiudono le strade degli uomini. Il primo passo dunque è ascoltare la domanda (“chi ci rotolerà via il masso…?”) che talvolta diventa un grido angoscioso e disperato.
Celebrare la Pasqua per noi cristiani, significa allora farci coraggio, aiutandosi, per quel poco che possiamo, a rimuovere le pietre gli uni degli altri.
Celebrare la Pasqua significa però anche raccogliere l’annuncio di una nuova prospettiva e di una nuova strada che nessuna crisi, povertà e lutto possono ostacolare: Gesù è risorto, la vita vince sempre, la strada dell’amore non è mai interrotta…
Giovanni don
“Ora andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro …”
E l’attuale successore di Pietro ieri ha detto:
“Ogni nostro annuncio deve misurarsi sulla parola di Gesù Cristo: “La mia dottrina non è mia (Gv 7,16). Non annunciamo teorie ed opinioni private, ma la fede della Chiesa della quale siamo servitori. Ma questo naturalmente non deve significare che io non sostenga questa dottrina con tutto me stesso e non stia saldamente ancorato ad essa. In questo contesto mi viene sempre in mente la parola di sant’Agostino: E che cosa è tanto mio quanto me stesso? Che cosa è così poco mio quanto me stesso? Non appartengo a me stesso e divento me stesso proprio per il fatto che vado al di là di me stesso e mediante il superamento di me stesso riesco ad inserirmi in Cristo e nel suo Corpo che è la Chiesa. Se non annunciamo noi stessi e se interiormente siamo diventati tutt’uno con Colui che ci ha chiamati come suoi messaggeri così che siamo plasmati dalla fede e la viviamo, allora la nostra predicazione sarà credibile. Non reclamizzo me stesso, ma dono me stesso. Il Curato d’Ars non era un dotto, un intellettuale, lo sappiamo. Ma con il suo annuncio ha toccato i cuori della gente, perchè egli stesso era stato toccato nel cuore.”
da:
http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/homilies/2012/documents/hf_ben-xvi_hom_20120405_messa-crismale_it.html
Buona Pasqua a tutti!
Don Giovanni!
Leggendoti mi hai fatto venire in mente l’aneddoto che si racconta di Giovanni XXIII (giovanni pure lui!) nella sua prima notte da Pontefice: il panico di non poter chiedere più a nessuno, nemmeno al Papa, (“Il Papa sono io”), maturato mentre i dubbi sul suo futuro stavano per trovare rifugio dove fino ad allora l’avevano trovato: “domani chiederò al Papa!”
Davanti alla Resurrezione i massi che riescono a chiuderla non possono che essere pesantissimi, se riescono ad oscurare una così “pesante Verità . E se non c’è qualcuno che aiuta a rotolarli, l’antro resta chiuso anche se è già … notoriamente vuoto, con il pressante bisogno di essere aperto, per riconstatare la verità già conosciuta.
Fede e Ministero del Presbitero sono costantemente sottoposti alla pressione delle domande che reclamano una risposta.
Ognuno cammina con il suo masso perchè qualcun altro glielo rotoli e il coraggio sta nel darsi appuntamento davanti al Sepolcro, dove ognuno arriva per rotolare il masso dell’altro.
Come è avvenuto nel nostro incontro, dove ti ho raggiunto per rotolare il tuo, mentre ti cercavo perchè rotolassi i miei massi.
Santa Pasqua di Resurrezione!
Dario
Caro don Giovanni,
mi sei ti sento fortemente fratello nella fede e compagno di viaggio.Il tuo ascolto della Parola mi spinge avanti nella ricerca di un legame sempre più intimo e fecondo tra fede e vita e il dono grande che hai di saper comunicare con levità e forza di annuncio è diventato per me,salesiano e prete, un confronto prezioso. Grazie. Auguro a te e a quanti condividono la gioia di vivere e annunciare l’Evangelo lieta e Santa Pasqua con le parole
del Cardinale Klaus Hemmerle:
” Io auguro a noi occhi di Pasqua
capaci di guardare nella morte fino alla vita,
nella colpa fino al perdono,
nella divisione fino all’unità ,
nella piaga fino allo splendore,
nell’uomo fino a Dio,
in Dio fino all’uomo,
nell’io fino al tu “.
Don Carmelo Umana
Dio muore…
nel saturamento dei pozzi delle seti e dei desideri,
nel congelamento degli affettti e delle passioni,
nel sepolcro di ogni egoismo che si fa centro del mondo,
nell’indifferenza al volto dell’altro,
nell’irrespirabilità omologante delle differenze,
nell’ingratitudine che misconosce il dono ricevuto,
nell’impulso ad accusare e ad uccidere che abita in ognuno,
in ogni discorso armato di dio,
nella distruzione delle fonti ambientali della vita,
nell’impazienza che preclude all’impensato di accadere,
nel pensiero dispotico, sprezzante del dialogo e della cura.
Dio risorge…
nel riconoscimento dell’altro come vita vulnerabile,
nel respiro discontinuo e incerto delle nostre speranze,
nell’offerta di un orizzonte ulteriore nei momenti di scuotimento e di prova,
come cuneo e come breccia nei sistemi irrigiditi che ci opprimono,
come passione esorbitante, che deborda le pelli delimitanti i corpi,
per realizzare relazioni fino ad ora impensate,
nella faticosa e promettente dinamica ermeneutica delle tracce divine nella storia,
nelle emergenze casuali che ci sconcertano, per educarci ad una nuova prospettiva,
scommettendo sulla novità che fa capolino,
nel pianto di tutte le ingiustizie che attendono riscatto,
nel coinvolgimento arrischiato e insicuro della coscienza con le sue domande, dubbi, ricerche,
nella presenza che si sottrae, e rinvia ad un Atteso che giunge inaspettato dal futuro,
nella capacità di sorridere di noi stessi.”
Caro don Giovanni!
Dico solo “grazie mille”! È così: Se ci affidiamo al Signore pregando e ringraziando siamo capaci di rimuovere rocce.
Buona e felice Pasqua! Helga Reimers