In quel tempo, una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro:
«Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo.
Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.
Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”.
Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace.
Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo».
(dal Vangelo di Luca 14,25-33)
L’ultima frase del brano di Vangelo di questa domenica sembra proprio non lasciare scampo!
“Chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo”
Sto scrivendo sul mio bel computer nel mio comodo ufficio con aria condizionata, con accanto il mio inseparabile telefonino e…. mi viene detto che non posso essere discepolo di Gesù se non rinuncio a tutti i miei averi. E pur non essendo ricco, mi sento preso in causa direttamente, e non posso non sentirmi a disagio.
Ma forse il disagio nel leggere e tentare di dire qualcosa su questa frase lapidaria di Gesù, evitando di dribblarla, mi aiuta a entrare nel Vangelo. Sarebbe facile farsi vincere dalla tentazione di metterlo da parte e pensare che è roba vecchia, e così ritrovare pace.
Non risolvo il disagio, anzi ci rimango dentro, sapendo che rimane un pungolo interiore che mi aiuterà sicuramente a fare le scelte più giuste. Ho davanti come modello lo stesso Gesù che ha rinunciato proprio a tutto per farsi nostro amico e fratello, e per mostrarci la vera strada per rendere la nostra vita più umanamente realizzata.
Così scrive San Paolo nella lettera ai Filippesi, al capitolo 2:
” Gesù pur essendo di natura divina,
non considerò un tesoro geloso
la sua uguaglianza con Dio;
ma spogliò se stesso,
assumendo la condizione di servo
e divenendo simile agli uomini”
L’amore fortissimo per l’umanità lo ha portato alla povertà estrema, cioè la rinuncia alla stessa condizione divina…
Rigirando la frase finale del Vangelo, Gesù potrebbe dire: “sono diventato vostro amico rinunciando a tutti i miei averi…”.
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Mentre leggevo questo Vangelo ho letto una notizia apparsa sul sito de La Repubblica, dove riporta una sintesi del messaggio che il papa ha inviato ai giovani in occasione della prossima giornata mondiale della gioventù a Madrid.
Come sempre le sintesi hanno il vantaggio di dire brevemente le cose, ma anche lo svantaggio di perdere per strada la complessità del discorso che è essenziale per comprendere a fondo il messaggio.
Il giornale la Repubblica riporta questa parte del discorso:
“La domanda del posto di lavoro e con ciò quella di avere un terreno sicuro sotto i piedi è un problema grande e pressante”, si legge nel documento redatto dal Papa, ma i veri “punti fermi” per i giovani risiedono nella fede e “nell’insieme dei valori che sono alla base della società ” e che “provengono dal Vangelo”.
Il titolo scelto per l’articolo è: Il Papa ai giovani, il posto fisso non è tutto.
Mi hanno molto colpito tutti i commenti che immediatamente sono stati scritti in fondo alla notizia.
I commenti sono quasi tutti di rifiuto e di critica severa delle parole del papa.
Mi ha davvero colpito il tono molto duro di molti che scrivono. Parlano di una Chiesa lontana dalla vita reale. Alcuni ironizzano sul fatto che il papa parla parla, ma in fondo ha il posto più fisso della storia, senza paura di licenziamento. Altri se la prendono con preti e suore che in fondo vivono una vita al sicuro, con stipendio senza tanto lavorare…
Una commentatrice dell’articolo scrive:
“Sicuramente il posto fisso non è tutto, e al giorno d’oggi i giovani devono arrendersi all’idea della mobilità e della elasticità mentale (e non solo) nel cambiare spesso lavoro, mansione o sede di servizio. Ma il Vangelo e la Parola di Dio danno da mangiare???”
Mi piace questa domanda finale!
La trovo come una provocazione alla quale non sottrarsi.
Il momento economico attuale è certamente di grave crisi e di incertezza per il futuro. Soprattutto per le nuove generazioni.
Anche solo accennare che il lavoro non è tutto, i nervi saltano ed è comprensibile non sentirsi colpiti.
E’ vero che il Vangelo, la messa e le preghiere non risolvono il problema della fine del mese, del pranzo e della cena, delle bollette da pagare e delle rate del mutuo…
Ma è proprio vero che non abbiamo bisogno anche di qualcosa che non sta nel lavoro e nella busta paga?
Chi è senza lavoro è davvero più svantaggiato in tutto rispetto a chi ce l’ha?
… e di nuovo sono preso un po’ dal disagio di chi scrive queste cose con una comoda sedia sotto il sedere, il pranzo appena consumato preparato dalla domestica in parrocchia e con la mia bella fiat Punto in garage…
Gesù ha creato discepoli veramente pescando anche in luoghi dove nessuno avrebbe pensato. Ha trasformato poveri e sconosciuti pescatori in santi. E’ partito da una minuscola regione sotto occupazione romana del medi oriente con un messaggio che ha rivoluzionato il mondo…
Anche questo mi mette a disagio e mi fa pensare…
Giovanni don
Non ho trovato risposte nel tuo commento, mi sento anch’io a disagio… comincerò a pensare.
Buona vita!
marian
Caro Don, concordo. Ho avuto modo di leggere anch’io i commenti su Repubblica on line e, nello stesso tempo, di approfondire in completezza il testo del Papa. Ancora una volta, l’ennesima volta, l’informazione è studiata in modo che dire scientifico è poco, in linea con il progetto editoriale anticlericale, con il risultato di una feroce critica aprioristica e prevedibile alla Chiesa (stavolta non pedofila??? strano…!!!). Rispetto assoluto per chi vive nella precarietà , per chi ha perso il lavoro, per chi non riesce ad affrontare la quotidianità con i mezzi necessari, ma “rispetto anche per chi ha bisogno anche di qualcosa che non sta nel lavoro e nella busta paga”.
Ciao
Buona domenica
Approvo come scrivi, ritorno qui a leggere altri interventi