la nostra impronta nel cuore del prossimo

domenica 19 luglio 2009
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In quel tempo, gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato. Ed egli disse loro: «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’». Erano infatti molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di mangiare.
Allora andarono con la barca verso un luogo deserto, in disparte. Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città  accorsero là  a piedi e li precedettero.
Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perchè erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.
(dal Vangelo di Marco 6, 30-34)

Gesù non è andato molto distante nei suoi viaggi. Si spostava nei territori di quello che oggi è lo stato di Israele e forse un po’ più in la, ma non di molto. In qualche episodio del Vangelo infatti lo vediamo conversare con stranieri nelle loro città . Ma sono solo brevi passaggi. Di fatto Gesù nasce a pochi kilometri da Gerusalemme e in quest’ultima città  finirà  il suo percorso di vita. Sono i suoi amici e discepoli che nel corso degli anni e poi dei secoli, porteranno fuori in tutto il mondo l’annuncio della morte e resurrezione del Signore e i suoi insegnamenti.
Il fatto che Gesù non si sia spostato molto nel suo territorio è anche dovuto all’estrema povertà  di mezzi rispetto a quelli che oggi abbiamo. E’ la grande capacità  di spostarci e di andare sempre più lontano nel minor tempo possibile che caratterizza la modernità  e il progresso tecnologico dell’uomo nel nostro secolo.
Oggi possiamo viaggiare molto rapidamente dove vogliamo, e i mezzi di trasporto sono sempre di più alla portata di tutti (il “tutti” che sto usando è ovviamente scritto da un occidentale e non da un abitante dell’Africa o di qualche paese dell’Asia, dove le possibilità  di viaggiare sono spesso uguali se non inferiori di quelle del tempo di Gesù…).
Proprio in questi giorni (il 20 luglio per l’esattezza), celebriamo i 40 anni della discesa del primo uomo sulla Luna. Quel viaggio è diventato un icona del progresso dell’uomo. I viaggi sul nostro principale satellite non sono durati a lungo. Infatti l’ultima discesa dell’uomo sulla Luna è stato nel 1972. Ma con quell’evento del luglio 1969, l’uomo ha dimostrato a se stesso in modo pieno le sue capacità  e possibilità  tecnologiche.
Gesù non è andato territorialmente oltre la Palestina. Oggi noi possiamo dire che siamo arrivati addirittura sulla Luna e non è lontano il giorno della discesa anche su Marte.

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    Eppure Gesù ci sta ancora davanti. Gesù è arrivato nel cuore dell’uomo. La compassione che muove Gesù, così come ci è raccontata dal Vangelo, è la sua capacità  di conoscere e arrivare là  dove il suo prossimo soffre e ha bisogno.
    Oggi guardando la Luna possiamo dire che fino là  ci siamo arrivati. Ma nello stesso tempo dobbiamo domandarci se siamo capaci di arrivare anche al cuore del nostro vicino.
    Il mondo che ci circonda è tutto esplorato (o quasi), ma solo al punto di vista scientifico e tecnologico. Ma il mondo è pieno di persone come me e di infiniti territori dove porre la mia impronta.
    I primi astronauti che arrivarono sulla Luna, misero una bandiera che indicava chiaramente chi era arrivato per primo, ed era anche un chiaro segno di conquista e di superiorità  nei confronti di chi non c’era ancora arrivato.
    Non è ovviamente questo lo stile che dobbiamo avere nell’andare nel “territorio” del nostro prossimo. Non siamo chiamati a conquistare nessuno e a porre nessuna bandierina che dica quanto siamo bravi e in gamba. L’unica cosa da fare è credere veramente che ce la possiamo fare ad andare verso il prossimo. Non è un’impresa “lunare” quella di avvicinarci a chi è nel bisogno. Per andare sulla Luna c’è stato bisogno di un grossissimo sforzo tecnologico (ancor oggi impressionante). Per andare verso il fratello e porre la nostra orma nel suo cuore, basta la compassione. Come quella di Gesù.

Giovanni don

6 comments

  1. lasciare un’impronta….
    penso sia la cosa più importante per gli uomini di tutti i tempi.
    Riusciremo a capire che amare è l’essenza della vita?
    buona vita (non so se esiste il copyrigh per il tuo saluto)
    paola

  2. “Chi mi vive accanto è un altro me” diceva un canto che usavamo qualche anno fa in parrocchia, chiaramente ispirato a un insegnamento evangelico: “Tutto quello che volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro”.
    Credo che questo sia il modo in cui possiamo lasciare un’impronta nel cuore del prossimo, magari non la nostra, ma piuttosto quella di Colui che ha lasciato la Sua nel nostro, forse anche con l’aiuto di qualche fratello o sorella che ci ha messo accanto.
    Probabilmente è anche l’unico modo per non essere schiacciati dalla sofferenza: insieme pesa meno, tanto più se pensiamo che anche Lui la porta con noi.
    È più facile dirlo che farlo. lo so benissimo (ho un handicap neuromotorio), ma col Suo aiuto… “damose da fà !”

  3. «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’». E’ la meravigliosa sapienza per la nostra vita… Ciao a tutti i cercatori di Dio…

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