DOMENICA 6 maggio 2017
Sesta di Pasqua
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perchè la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.
Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perchè il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perchè tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi.
Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perchè andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perchè tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri».(dal Vangelo di Giovanni 15,9-17)
E’ più facile essere servi o amici?
Il servo è colui che deve eseguire gli ordini senza discutere. Il servo non considera il padrone a suo pari, ma si “sottomette” alla sua volontà sperando in una ricompensa o in una giusta paga, o nei casi di un servo-schiavo di non essere punito. Il servo non condivide necessariamente quello che pensa o progetta il padrone, e non è nemmeno necessario, perchè l’unico suo scopo è obbedire e basta. In genere un servo è in competizione con gli altri servi davanti al suo padrone, per essere il migliore, il più lodato e magari elevato nella inevitabile scala gerarchica che si crea tra i molti servi, e poco gli importa degli altri.
L’amicizia è tutta un’altra cosa…
L’amico non esegue ordini, ma per l’amico è pronto a tutto, anche ad abbassarsi e umiliarsi davanti ad altri pur di fare il bene dell’altro. L’amico vuole guardare l’amico negli occhi, alla pari e non sopporta di stare nè sotto nè sopra, e con l’amico ogni scala gerarchica e ogni simbolo di ruolo e potere scompaiono. Per l’amico tutto è gratis alla pari, in una amichevole “gara” di chi dona all’altro reciprocamente, senza mai pretendere nulla. L’amico non invidia le altre amicizie anzi, è contento se l’amico è amato da altri, sapendo che la gelosia corrode, ma il vero amore libera e si espande senza diminuire. L’amico crede sempre nell’amico e nel legame che li unisce, lo supporta nei suoi progetti e lo corregge se vede che sbaglia, ma mai con giudizio e mai squalificando l’amico. L’amico si fida totalmente dell’amico sapendo che non farà mai nulla che lo danneggi anche quando non comprende tutte le sue azioni.
Un grande mistico e scrittore cristiano, Aelredo di Rievaulx, monaco cistercense vissuto in Inghilterra nel XII secolo, nel tuo trattato “l’Amicizia Spirituale” scrive così: “L’amicizia è quindi quella virtù che lega gli animi con una dolce alleanza d’amore e di più cose fa un’intima unione”, e “Quaggiù non c’è nulla di più santo da desiderare, nulla di più utile da cercare, nulla più difficile da trovare, niente più dolce da provare, niente più fruttuoso da conservare dell’amicizia”.
Aelredo, non tratta dell’amicizia in modo astratto ma proprio unendo due esperienze forti della sua vita, il rapporto con Dio e il legame di amicizia con i suoi confratelli monaci con i quali vive e condivide la vita.
Aelredo impara l’amicizia da Gesù stesso, da come Gesù ha vissuto tra gli uomini e soprattutto tra i suoi discepoli.
La domanda “è più facile essere servi o amici” per me ha questa risposta: è sicuramente più facile essere servi, perchè l’amicizia è certamente più impegnativa soprattutto per lo spirito, e richiede un grado di fiducia e abbandono all’altro che non è assolutamente facile da avere e fare.
Forse la domanda va modificata in “è più bello essere amici o servi?”. Allora la risposta cambia totalmente ed illumina la vita umana e spirituale e persino la fede: è più bello essere amici!
L’amicizia esalta la nostra umanità e ci rende davvero grandi nell’amore indipendentemente da quello che possediamo, dalle nostre capacità fisiche, dai ruoli che ricopriamo e dal potere che ci viene assegnato.
Gesù chiama amici i suoi discepoli, e lo dice loro in modo esplicito anche se già in molti modi, in tutta la sua vita ha vissuto da amico e ha dimostrato l’amicizia. Probabilmente i discepoli corrono continuamente il rischio di accontentarsi di fare da servi del Maestro e di rifiutare la sua continua proposta di amicizia. Gesù teme che tutto questo accada, sapendo che un legame servile con lui alla fine porta tutta la comunità dei discepoli a vivere tra loro da servi, in un intricato e svilente gioco di gerarchie, poteri, comandi, paure, ricatti…
Il Vangelo, cioè la buona notizia è che sono amico di Gesù e chiamato a vivere con lui un rapporto di amicizia, dove la fiducia reciproca è fondamentale. Sono chiamato a non vivere la mia fede da inconsapevole e sottomesso servo, che non condivide ma obbedisce solamente in attesa da Dio di una ricompensa o temendo un castigo.
Forse è più facile vivere così la fede, ma non è certamente il modo più bello, e sicuramente non è quello che Dio stesso vuole.
“Non vi chiamo più servi, perchè il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici…”
La strada dell’amicizia con Dio è aperta da Gesù stesso per i suoi discepoli di allora e anche per me oggi. Dare la vita per gli amici diventa quindi un progetto di vita per me e diventa il progetto con il quale costruire la Chiesa.
Giovanni don
Don Berti commenta il Vangelo in maniera pacata e sapiente, spezzettando la Parola, in maniera accessibile a tutti, grazie.